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Alimentazione e tumori: le risposte alle domande più frequenti

Alimentazione e tumori: le risposte alle domande più frequenti

Vista l’importanza di un corretto stile alimentare nella gestione della malattia oncologica, il dottor Francesco Anichini, dietista della U.O.C. Immunoterapia Oncologica di Siena, ha selezionato per noi alcune delle domande che più frequentemente gli vengono poste dai pazienti, fornendo delle risposte quanto più possibile esaurienti ed utili a dissipare gran parte dei dubbi su questo argomento molto dibattuto.

  • È vero che con una sana alimentazione si potrebbe prevenire l’insorgenza dei tumori?
  • Ho sentito dire che alcuni alimenti andrebbero eliminati completamente dalla dieta per evitare di dare “nutrimento alle cellule tumorali”: è veramente così?
    Cibo confezionato in un supermercato

    È bene precisare che non ci sono “cibi tabù” da eliminare definitivamente dalla nostra alimentazione, in quanto se facciamo attenzione a qualità, frequenza e quantità dei prodotti assunti, difficilmente potremmo andare incontro a problemi di “intossicazione da cibo”.

    Ciò che è importante sapere però è che nei paesi maggiormente sviluppati, soprattutto nel corso degli ultimi due secoli, lo stile alimentare si è via via discostato da quello schema tradizionale seguito per migliaia di anni dai nostri antenati.

    Per prima cosa ci muoviamo molto meno, poi, grazie ai processi industriali di produzione ed alle tecniche attuali di allevamento e conservazione, abbiamo notevolmente aumentato il consumo di prodotti di origine animale (carne e latticini), che un tempo venivano consumati solo saltuariamente.

    Assumiamo inoltre alimenti che non erano conosciuti nel passato, come quelli ottenibili da tecnologie moderne come ad esempio lo zucchero bianco e le farine raffinate, quelli estratti con mezzi chimici dai semi o dai frutti oleaginosi (oli raffinati), e perfino altri che nemmeno esistevano in natura (grassi idrogenati e margarine presenti in molti prodotti confezionati a lunga conservazione, specialmente dolci).

    Questo modo di mangiare sempre più ricco di prodotti trasformati e sofisticati ha portato nel tempo ad un impoverimento nella nostra alimentazione di vitamine, fibre, micronutrienti ed antiossidanti, con forti ripercussioni sulle difese del nostro sistema immunitario, contribuendo così allo sviluppo delle patologie tipiche dei nostri tempi.

  • Mi hanno detto di non mangiare più carne perché cancerogena: cosa c’è di vero in questa affermazione?
    Wurstel, insaccati e salumi affettati: esempi di carne lavorata

    Poiché il termine “carne” è molto generico, vanno fatte alcune precisazioni, tenendo in considerazione molti fattori (tipologia di allevamento, provenienza, conservazione) che determinano la qualità del prodotto.

    Da migliaia di anni l’uomo consuma questo alimento, ma gli interrogativi sono nati recentemente in quanto oggi vi è un’alta disponibilità di prodotto, spesso di scarsa qualità e conservato con metodi non sempre salutari per le pareti del nostro stomaco e del nostro intestino (affumicatura, salatura, stagionatura ed aggiunta di conservanti chimici). Inoltre, data la forte richiesta, i grandi produttori hanno sostituito l’allevamento allo stato brado con allevamenti intensivi, dove tra i vari mangimi vi potrebbero essere anche tracce di sostanze non permesse quali antibiotici (per evitare che il bestiame si ammali) ed ormoni (per stimolarne la crescita), nocivi per la nostra salute.

    Per ciò che concerne i dati emersi dagli studi effettuati sul rapporto tra consumo di carne e tumori, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha inserito le carni processate (carne in scatola, insaccati e affettati, wurstel) nella lista dei cancerogeni certi (che comprende anche l’amianto, l’alcol etilico e il fumo, le radiazioni ultraviolette e il Papilloma virus).

    La causa di ciò è da attribuire soprattutto ai prodotti utilizzati per la conservazione, ossia il mix di nitriti, nitrati e sale, che favorirebbero lo sviluppo di nitrosammine, definite dall’ente americano Food and Drug Administration (FDA) come “uno dei più potenti gruppi di sostanze cancerogene mai scoperto”. Attraverso l’analisi di studi epidemiologici, l’assunzione di 50g di carne processata al giorno aumenterebbe il rischio di sviluppare il tumore del colon-retto. Ma è stato trovato anche un legame con il rischio di sviluppare tumore del pancreas, dello stomaco e della prostata.

    Le carni rosse (manzo, maiale, vitello, selvaggina) sono state invece inserite tra le sostanze probabilmente cancerogene per l’uomo; il rischio è più alto in chi ha una dieta povera di fibre vegetali provenienti da cereali, verdura e frutta. A tal proposito, il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF) raccomanda di non consumare più di 500g di carne rossa alla settimana, per chi è già ammalato si consiglia invece di non superare i 300g alla settimana.

    Questi dati vanno comunque interpretati con cautela, visto che non sempre viene tenuta in considerazione la qualità e le modalità di allevamento di tali carni, oltre che i metodi di cottura e condimento che potrebbero influire profondamente sui risultati. Non è stato osservato un rischio da consumo di carni bianche né di pesce, che, anzi, in alcuni studi è risultato essere protettivo.

    Il consiglio quindi è che non vi deve essere nessun allarmismo al riguardo, ma sarebbe opportuno prendere le giuste precauzioni sul consumo indiscriminato di tali prodotti. Innanzitutto, puntare sulla qualità della carne, che dovrà essere certificata (preferibilmente biologica).

    La carne bianca (pollo, tacchino, coniglio) dovrà essere assunta circa 2 volte alla settimana, mentre la carne rossa dovrà essere consumata con maggiore moderazione, non superando i 200-300g alla settimana.

    La carne trasformata invece andrebbe esclusa dall’alimentazione quotidiana, ma se proprio deve essere consumata lo si deve fare solo occasionalmente, preferendo una buona qualità di prosciutto crudo o di bresaola, acquistati freschi al bancone (non confezionati in busta), in una porzione non superiore ai 50g.

    Infine, quando si consuma la carne è consigliabile abbinarla alla verdura e alla frutta per tenere pulite le pareti del nostro apparto digerente, cucinandola con metodi di cottura semplici (piastra, vapore, forno, ecc.) ed evitando cotture alla brace o prolungate, in quanto potrebbero produrre composti quali gli idrocarburi policiclici aromatici e le ammine eterocicliche, che sono potenziali agenti cancerogeni.

  • Ho sentito dire che lo zucchero nutrirebbe le cellule tumorali: va quindi eliminato dalla dieta?
    Zollette di zucchero bianco

    Il glucosio, la molecola base derivante dalla digestione degli zuccheri, è il principale nutrimento per le cellule (di conseguenza anche di quelle tumorali). La sua assunzione fa salire velocemente i livelli di insulina nel sangue e quando questo ormone viene liberato in grandi quantità, promuove la produzione del fattore di crescita cellulare IGF-1 e, nelle donne, del testosterone che è un importante fattore di rischio soprattutto per il tumore della mammella.

    Il consumo eccessivo di zuccheri è anche associato ad un aumento di peso corporeo (trasformazione a livello epatico degli zuccheri in eccesso in grassi da conservare sotto forma di riserva energetica) e quindi ad una predisposizione maggiore allo sviluppo di obesità, che sappiamo essere uno dei fattori di rischio maggiori per la predisposizione a diverse tipologie di tumore.

    Va però detto che non tutti gli zuccheri sono uguali e ciò che fa veramente la differenza è il carico glicemico degli alimenti, ossia un fattore che tiene conto sia della velocità di assorbimento che della quantità del carboidrato assunto.

    Gli zuccheri che sono dunque da limitare sono quelli a rapido assorbimento, che determinano maggiori variazioni glicemiche (zuccheri aggiunti, zucchero bianco o di canna, cereali da colazione, sciroppo di glucosio, bibite zuccherate, dolciumi, brioches, biscotti, prodotti da pasticceria, caramelle, creme spalmabili, ecc.).

    Anche la frutta è costituita prevalentemente da uno zucchero semplice (fruttosio), ma è composta anche da fibre, vitamine e sali minerali, che ne rallentano l’assorbimento e che quindi nelle giuste porzioni (2 al giorno) può essere tranquillamente assunta.

    Altre fonti di zuccheri come i cereali ed i loro derivati (pasta, pane, riso, farro, kamut, ecc.) ed i legumi sono detti complessi, in quanto per essere assorbiti necessitano di una digestione più lunga e quindi hanno un impatto minore sui livelli di glicemia, soprattutto se assunti di qualità integrale ed abbinati a fibre (verdure), a proteine (carne magra, pesce, uova, ecc.) o a grassi (olio di oliva, frutta secca, ecc.).

  • È vero che il latte fa male?
    Bicchiere di latte

    Il ruolo di latte e latticini nella salute umana è dibattuto sia a livello scientifico che divulgativo, ma sicuramente è bene evitare proclami come “il latte fa venire i tumori”, in quanto non sono supportati da solide evidenze scientifiche. È però altrettanto vero che la scelta più saggia è quella di consumare il latte, così come molti altri alimenti, con moderazione ed in maniera non continua (2-3 volte alla settimana) per evitare sovraccarichi e intossicazioni.

    Il latte è un alimento completo dal punto di vista nutrizionale, che permette la rapida crescita degli infanti nei primi mesi di vita. Già dopo i 2 anni di vita però, la lattasi, ossia l’enzima che scinde il lattosio, progressivamente perde la sua funzionalità. Questo determina difficoltà nella digestione del latte con conseguenti disturbi addominali (meteorismo, diarrea).

    Un aspetto da tenere quindi in considerazione è che se state sostenendo delle terapie oncologiche, il latte ed in generale i latticini, andrebbero evitati il più possibile, perché in questa fase si riduce ancora di più la capacità di digerire il lattosio, e questo vi predisporrebbe maggiormente all’insorgenza di infiammazione intestinale (colite) e diarrea.

  • Quali sono gli alimenti che andrebbero sottoposti a maggiore attenzione nella prevenzione o nella gestione della malattia oncologica?
    Hamburger, patatine fritte e bibite: cibo da fast-food

    Basandosi sulla revisione sistematica delle pubblicazioni scientifiche, i maggiori organi sanitari a livello internazionale sono arrivati a creare alcune raccomandazioni per ridurre il rischio di ammalarsi di cancro.

    Gli alimenti da limitare sono dunque: i cibi molto calorici (ricchi di zucchero e grassi), le carni rosse, i latticini, il sale (non superare i 5-6 g al giorno), con particolare riguardo ai cibi che lo contengono in misura maggiore (prodotti in scatola, prodotti confezionati, formaggi, salumi, dadi da cucina, salse, prodotti da forno, cibi conservati sotto sale).

    Gli alimenti da evitare sono soprattutto le bevande zuccherate e le carni conservate. Inoltre, gli alimenti che hanno un maggiore impatto sullo sviluppo di obesità e che quindi andrebbero ridotti, specialmente nell’alimentazione dei bambini, sono: patatine fritte, dolciumi soprattutto confezionati, biscotti, brioches, cibi da fast food (hamburger, salsicce, hot dog), bevande gassate zuccherate, dolcificanti artificiali, cereali ricoperti di zucchero o cioccolato, abuso di latte e formaggi grassi, gelati, yogurt zuccherati, creme spalmabili e salsine, margarine, cibi precotti, pizza.

    Un’altra raccomandazione per la prevenzione del cancro riguarda l'astenersi dal bere alcol.

    La molecola base di queste bevande è l’etanolo, la cui degradazione causa la formazione di acetaldeide, che assieme all’etanolo ha elevata tossicità soprattutto a livello epatico. Dagli studi è emerso che chi supera le dosi consentite per lunghi periodi, potrebbe più facilmente sviluppare tumori del cavo orale, faringe, laringe esofago, colon, fegato, pancreas e mammella. Per chi ne consuma, salvo contrindicazioni specifiche, si raccomanda comunque di limitarsi ad una quantità pari ad un bicchiere di vino rosso (120 ml) al giorno per le donne e a due per gli uomini, solamente durante i pasti.

    Infine, risulta importante evitare cibi contaminati da muffe, che potrebbero essere cancerogene (in particolare le muffe di cereali, legumi e frutta secca) per via della formazione di composti chiamati aflatossine, tossiche per il fegato. Assicurarsi quindi del buono stato di conservazione di questi alimenti ed evitare di conservarli in ambienti caldi ed umidi.

    Queste raccomandazioni per la prevenzione alimentare del cancro, seppur nei limiti dei pochi studi disponibili sulla prevenzione delle recidive, valgono anche per chi si è già ammalato.

  • La scelta di acquistare prodotti biologici può essere utile per la nostra salute o è soltanto un’azione influenzata da moda e marketing pubblicitario?
    Verdure fresche ed appena raccolte da agricoltura biologica

    Disponibili fino a pochi anni fa soltanto in negozi specializzati, oggi i prodotti provenienti da agricoltura o allevamento biologici sono reperibili anche nei più comuni supermercati. I punti maggiormente dibattuti da coloro che non avallano la scelta di questi prodotti stanno nei costi maggiori e nel fatto che non sempre vi sia la sicurezza che le certificazioni bio vengano conferite rispettando il controllo e l’adeguatezza di tutti i punti critici della filiera.

    Un interessante studio epidemiologico, pubblicato di recente su JAMA Internal Medicine, ha valutato l’associazione tra la frequenza del consumo di alimenti biologici ed il rischio di cancro.

    I ricercatori hanno osservato che coloro che mangiavano il cibo biologico avevano il 25% in meno di probabilità di sviluppare il cancro. Nello specifico, avevano il 73% in meno di probabilità di sviluppare il linfoma non-Hodgkin ed il 21% in meno di probabilità di sviluppare un cancro al seno post-menopausale. Lo studio ha concluso che “se i risultati saranno confermati, promuovere il consumo di alimenti biologici nella popolazione generale potrebbe essere una delle strategie preventive promettenti contro il cancro”.

    Quello che mi sento quindi di affermare è che il prodotto biologico garantisce comunque una sicurezza maggiore rispetto ai prodotti convenzionali e se vi è dunque la possibilità di reperire questi alimenti, è sicuramente una scelta da condividere.

    Quando invece non è possibile, risulta fondamentale saper leggere correttamente le etichette nutrizionali, valutare gli ingredienti, prestando maggiore attenzione agli additivi, ai conservanti, agli edulcoranti ed agli zuccheri aggiunti, privilegiando comunque prodotti nazionali e di buona qualità.

  • Mi hanno consigliato di assumere degli integratori: posso prenderli?
    Integratori alimentari

    Non illudiamoci di poter prevenire o curare i tumori assumendo prodotti privi di evidenze scientifiche sia sulla loro sicurezza che sugli effetti benefici derivanti da un loro impiego.

    Tutti gli studi sulla prevenzione del cancro con integratori sono falliti.

    Non è possibile racchiudere in un’unica pillola il mix di migliaia di sostanze protettive presenti in tantissimi alimenti e nelle esatte dosi che la natura ha voluto metterci a disposizione. Se prendiamo un veleno, più alta è la dose più ci avveleniamo; così purtroppo non funziona con le molecole benefiche, come quelle che troviamo ad esempio in frutta e verdura, in quanto se una sostanza fa bene non è detto che una maggiore assunzione ne aumenti i benefici. Dosi troppo alte (ad esempio frullati con molti frutti all’interno o mix di pillole) potrebbero invece alterare l’omeostasi e quindi il nostro equilibrio biologico.

    L’assunzione di un integratore può essere presa in considerazione soltanto in caso di carenze certificate da esami ematici di minerali o vitamine, in caso di malnutrizione, diarrea, gastroresezioni, anemie, diete fortemente restrittive o vegane, oppure in caso di difficoltà quali: disfagia, problemi masticatori, anoressia e cachessia neoplastica, malassorbimento intestinale, che determinano impossibilità oggettive ad arrivare ad un adeguato introito calorico.

    L’indicazione è quindi quella di assicurarsi un apporto sufficiente di tutti i nutrienti essenziali attraverso il cibo, sottolineando ancora una volta l’importanza della varietà dei cibi assunti, diversificando il più possibile le scelte alimentari.

  • Si sente spesso parlare di digiuno, dieta chetogenica, dieta alcalinizzante. Cosa ne pensa?
    Digiuno

    La premessa da fare in questo caso è che non esiste un modello alimentare che vada bene per tutti, ma ogni piano deve essere personalizzato in base al singolo individuo ed al momento contingente dell’intervento terapeutico, tenendo conto delle condizioni fisiche, psicologiche e ambientali della persona.

    La pratica del digiuno viene spesso menzionata con il fine di mettere a riposo i vari organi dell’apparato digerente e, con una visione più spirituale, per “purificare l’organismo” dall’accumulo di sostanze nocive derivanti dal cibo.

    Dati certi a supporto di questa tesi non ve ne sono, ma una scelta saggia potrebbe essere invece quella di ridurre l’introito calorico della cena nei giorni a ridosso del trattamento oncologico (semi-digiuno), concentrando il quantitativo di cibo soprattutto nella prima parte della giornata e facendo un pasto molto leggero la sera prima della terapia.

    La dieta alcalinizzante invece nasce dal presupposto che le cellule tumorali tendano a proliferare in un ambiente con pH acido e da qui si è innescata la macchina mediatica al fine di promuovere alimenti, acque o integratori utili a rendere alcalino il pH del sangue.

    Naturalmente questo approccio è stato contrastato dalla comunità scientifica, in quanto l’organismo tende a trovare e stabilire una certa omeostasi in maniera fisiologica e non vi è alcuna evidenza che assumendo alimenti alcalini il sangue alzi il suo pH.

    La dieta chetogenica, infine, consiste nella forte riduzione dell’introito di carboidrati, sia semplici che complessi, sottoponendo il corpo ad una dieta ipocalorica prevalentemente composta da grassi e proteine.

    Le evidenze in letteratura la fanno emergere come utile al fine di perdere velocemente peso corporeo in caso di preparazione ad interventi di chirurgia bariatrica (o chirurgia dell’obesità) ed in caso di epilessia. Ma anche in questi casi le indicazioni sono di eseguirla per periodi di tempo limitati e sotto stretta osservazione di personale sanitario qualificato.

    Bisogna infatti tenere conto che sottoporsi a diete ipocaloriche per lunghi periodi potrebbe portare a deperimento (perdita di massa muscolare e forza) e depressione, instaurando un rapporto sbagliato con il cibo con il rischio di determinare nella persona un disturbo del comportamento alimentare (DCA), da evitare soprattutto in caso di malattia oncologica.

  • Cosa pensa delle diete vegetariana e vegana?
    Frutta, verdura e semi alla base della dieta vegana

    Ho grande rispetto per le scelte individuali, soprattutto se guidate da principi etici o culturali.

    Da un punto di vista dietetico, la scelta vegetariana, se è limitata all’eliminazione della sola carne, non presenta particolari controindicazioni. La carne può anche non essere assunta in età adulta: l’importante è sostituirla in maniera adeguata, per esempio con piatti unici composti da cereali e legumi (pasta e ceci, pasta e fagioli, riso con lenticchie, ecc.).

    Per quanto riguarda invece la dieta vegana, che esclude qualsiasi forma di proteina animale, vi sono forti dubbi al riguardo, non esistendo evidenze in letteratura a supporto di tale modello alimentare, e presentando anzi il rischio di creare importanti carenze nutritive (Vitamina B12 soprattutto).

    Inoltre, escludere un alimento come il pesce dalla propria dieta potrebbe essere una scelta sbagliata, dato il suo contenuto di acidi grassi polinsaturi omega-3, importanti per tenere bassi i livelli di infiammazione e di grassi nel sangue.

  • Quali sono quindi gli alimenti consigliati ed il modello alimentare maggiormente raccomandato?

    Il modello della dieta mediterranea è quello maggiormente supportato da dati clinici favorevoli.

    Da una revisione sistematica della letteratura scientifica è emersa un'associazione inversa tra l'aderenza alla dieta mediterranea e la mortalità complessiva correlata al cancro, con un rischio minore di sviluppare diversi tipi di tumore, tra cui quello del seno, del colon-retto, dello stomaco, della prostata, del fegato, del testa-collo, del pancreas e del polmone. Inoltre, è stata osservata una ridotta incidenza e mortalità di malattie cardiovascolari, Parkinson e Alzheimer.

    La dieta mediterranea non tiene conto soltanto degli alimenti ma anche della pratica di una regolare attività fisica, di un adeguato riposo e del ruolo conviviale dei pasti. Inoltre risulta importante tenere in considerazione la biodiversità e la stagionalità dei cibi, il rispetto delle tradizioni locali e della sostenibilità ambientale.

    Dieta mediterranea prevalentemente composta da cereali e cibi di origine vegetale

    Per ciò che concerne gli alimenti, la dieta mediterranea è basata prevalentemente su cibi di origine vegetale e sull’autenticità dei prodotti (dieta “povera”).

    L’indicazione è quindi di consumare:

    • cereali e derivati (pasta, pane, riso, ecc.): tutti i giorni, variando la qualità ed optando anche per la scelta di grani antichi (che contengono meno glutine), meglio se di qualità integrale

    • legumi (ceci, fagioli, lenticchie, pisellini, lupini): più di 2 porzioni a settimana

    • verdure fresche di stagione: 2 porzioni al giorno, sia cotte che crude, mixando i colori e le qualità e preferendo, quando possibile, asparagi, cavoli cappuccio rossi, cavoli e verze, broccoli, cavolini di Bruxelles, lattuga, radicchio rosso, topinambur, barbabietola rossa, carciofo

    • frutta fresca di stagione: 1-2 porzioni al giorno, preferendo melagrana, arance rosse, cachi, ciliegie, fragole, prugne nere, uva nera, ananas, frutti di bosco (more, lamponi, mirtilli), pesche, nettarine, mele, pere

    • frutta secca (noci, mandorle, nocciole, pistacchi non salati) e semi (sesamo, lino, zucca, girasole, chia): una porzione al giorno

    • olio extravergine di oliva utilizzato prevalentemente a crudo come grasso da condimento

    • erbe, aromi e odori (basilico, origano, prezzemolo, salvia, menta, aglio, cipolla)

    • spezie (curcuma, pepe, zenzero, curry, cannella, ecc.)

    • pesce bianco (merluzzo o nasello, sogliola, palombo, platessa, cernia, ecc.) o azzurro (sardine, acciughe, sgombro, salmone), meglio se di piccola taglia, 2-3 porzioni alla settimana, limitando il consumo di pesci di grandi dimensioni come ad esempio il tonno ed il pesce spada (che tendono ad accumulare più metalli pesanti dal mare)

    • carne bianca di qualità (pollo, tacchino, coniglio): 2 porzioni alla settimana

    • uova biologiche o allevate a terra: 2 porzioni alla settimana

    • latticini: preferire il formaggio parmigiano o il grana, stagionati oltre i 30 mesi per via dell’assenza di lattosio e di conservanti dannosi per l’intestino, lo yogurt bianco ed il kefir (prodotti fermentati con ceppi batterici benefici)

    • altri alimenti che potrebbero essere integrati perché si sono rilevati avere degli effetti benefici sullo stato di salute sono il thè verde ed il cioccolato fondente con una percentuale di cacao superiore al 70%

    • utilizzare metodi di cottura semplici e veloci, come lessatura, al vapore, alla piastra, al cartoccio, al microonde, utilizzando pentole antiaderenti (evitando di grattarne il fondo) e pentole a pressione. Evitare i soffritti ed i fritti, facendo attenzione a non cuocere l'olio per troppo tempo e ad alte temperature. Limitare le preparazioni alla brace e le cotture prolungate, evitando il contatto diretto della fiamma con l’alimento.

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